Il cane eterno cucciolone?
Dipende dal gradino che occupa sulla scala neotenica
Avete presente i personaggi dei cartoni animati, quelli buffi con una testona gigante che sormonta un mini corpicino cicciottello, oppure super teneri con mega occhioni imploranti?
Se la risposta è sì, avete già capito a cosa ci si riferisce quando si parla di neotenia, la particolarità di alcune specie animali di mantenere nell’animale adulto le caratteristiche psicofisiche del cucciolo.
I segnali infantili -il cranio maggiormente sviluppato rispetto al viso, la fronte convessa, le guance paffute, gli arti corti, solo per citare i più evidenti- si accompagnano ad un’inclinazione al gioco che nell’adulto scompare.
Devono essere state proprio la giocosità, la minor aggressività e la più facile gestione generale ad essere maggiormente ricercate dai cacciatori raccoglitori -primi inconsapevoli allevatori e selezionatori- nei lupacchiotti che decidevano di portare negli accampamenti.
Generazione dopo generazione si è continuato a prediligere esemplari più docili e meno inclini ad essere dominanti, quelli più vicini al comportamento del cucciolo che non al lupo adulto.
Così facendo, in quello che sarebbe diventato il cane domestico, tutto questo lavoro di selezione è stato fissato a livello genetico influenzando tanto l’aspetto fisico quanto quello psicologico.
Prendendo in esame quelle che sono le razze canine che oggi tutti conosciamo, è facile rendersi però conto come esistano differenze marcate fra cani a seconda dei diversi gruppi di appartenenza.
A questa disomogeneità si è giunti “fermando” lo sviluppo di ciascuna razza ad uno stadio corrispondente ad una precisa età del lupo.
Siamo così giunti ad avere una vera e propria scala neotenica.
Negli esemplari collocati sul primo gradino le caratteristiche tipiche del cucciolo sono molto marcate: le orecchie pendenti, il muso dalla forma arrotondata, le guance cascanti dei molossoidi ne sono il tipico esempio.
Salendo, i segnali infantili iniziano ad affievolirsi: le orecchie dei cani selezionati per la difesa delle greggi, ad esempio, pur rimanendo pendenti iniziano a rimpicciolirsi e il muso si allunga leggermente.
I cani da difesa delle persone e della proprietà, così come quelli da caccia, occupano un gradino ancora più alto, collocandosi all’incirca al terzo grado.
Le razze che devono condurre il gregge –quarto gradino della nostra scala- hanno un aspetto molto diverso: muso allungato e affilato, orecchie portate dritte, occhi meno arrotondati e arti più lunghi li rendono immediatamente riconoscibili.
L’ultimo grado, il quinto, è occupato da quelle razze maggiormente simili all’antenato comune: tutti i cani nordici, ad esempio, ne sono i fieri rappresentati.
Tutte queste tipicità esteriori si ripercuotono marcatamente anche su quello che viene definito il carattere del cane (a dire il vero la selezione ha seguito il processo inverso, procedendo dagli aspetti psichici verso quelli estetici).
In linea generale le razze appartenenti ai primi gradini della nostra scala non arrivano a quella fase di sviluppo che permetterebbe loro di rapportarsi in modo adulto con quello che dovrebbero riconoscere come capo branco (ci vedranno sempre come una “mamma“), tantomeno di avere ben chiaro il concetto di gerarchia fra intraspecifici: portando all’esasperazione questa loro “mancanza” si possono ottenere cani che non conoscono la sottomissione, con le conseguenze che è facile immaginare.
Molto gerarchici, invece, sono quei cani appartenenti alle razze che si collocano alla sommità della scala neotenica.
Una volta ottenuta la loro fiducia -non è facile essere degni della loro considerazione– saremo in grado di instaurare con loro un rapporto solido, stabile e duraturo che ci saprà ripagare di tutto il lavoro necessario a conquistarli.
Fin qui, in linea di massima, per i cani.
Discorso diverso, invece, per i nostri gatti.
Essendo la storia della loro convivenza con l’uomo molto più recente, il lavoro di selezione nel loro caso è molto meno evidente.
Rispetto alla grande differenza che si può trovare fra le varie razze canine –Chihuahua e Alano sembrano provenire da due pianeti distinti, per dire…- nel mondo dei felini domestici sembra prevalere una certa omogeneità generale.
Apprezzato all’inizio per le sue doti di cacciatore di piccoli animali infestanti, non si è ritenuto di dover intervenire in nessun modo per modificare quello che già madre natura gli aveva generosamente attribuito.
Solo le aree geografiche di provenienza hanno così influito sul suo aspetto fisico, dotando di una pelliccia folta con relativo sottopelo isolante le razze esposte a climi particolarmente rigidi, ad esempio.
Recentemente però -in termini evoluzionistici- l’allevamento selettivo ha modificato più o meno marcatamente l’aspetto dei gatti domestici.
Restando in tema di segnali infantili viene spontaneo pensare al meraviglioso Persiano che -con i suoi occhioni rotondi, tanto dolci quanto espressivi, il muso accorciato e il morbido pelo dalle tinte sfumate- è un ottimo esempio di quali risultati, con l’intervento dell’uomo, si possano ottenere.
Sfruttando poi le mutazioni casuali e trasmettendole per via ereditaria alle generazioni successive, lo stesso si può dire delle orecchie ripiegate (fold, piega in inglese) dello Scottish Fold fino ad arrivare, con risultato diametralmente opposto, all’aspetto spigoloso e privo di pelo, quasi extraterrestre, dello Sphynx.
Non resta che guardarci attorno per scoprire la ricchezza che la natura ci dona.
In certi casi con il nostro zampino.
Sorry…manina.